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Parole “Pazienti”: La Psicoterapia Spiegata da voi…

In questa sezione riporto alcune testimonianze delle fantastiche persone che ho incontrato nella poltrona del mio studio. Per ognuno la psicoterapia è un’esperienza diversa e speciale, un luogo dove incontrare se stessi …

                   

“Ho iniziato questo percorso con scetticismo,…oggi ringrazio le mie amiche per avermi spronato ad andare…

La cosa che mi ha sorpreso è che mi sono trovata subito a mio agio… io ho sempre pensato che non sarebbe servito a niente, che mi bastava confidarmi con le amiche. Niente di più sbagliato, non per le amiche, ma perché ho trovato una  professionista competente che mi ha capita e mi ha teso la mano.

La psicoterapia mi ha aiutata a rialzarmi da terra, mi ha mostrato la luce in mezzo a tanta oscurità e dolore, mi ha dato le armi per poter  combattere i miei fantasmi, le mie paure.”

A. una donna forte che si è concessa un po’ di fragilità…

 

“Ho intrapreso un percorso di Psicoterapia in un momento di grandi cambiamenti della mia vita, dove mi sentivo appesantita da tante, troppe, cose!

Sentivo il bisogno di aprirmi a qualcuno, così ho chiesto ad un’amica il numero della Psicologa da cui andava sua figlia.

Ho trovato Alessandra, con cui c’è stata subito empatia.

Chi si affida alla psicoterapia, spesso, pensa di trovare soluzioni, ma non è precisamente così… innanzitutto, parlare è stato per me liberatorio, come appoggiare, per un po’, il sacco pieno di “cose”, problemi… scrollarsi di dosso i problemi.

La Psicologa non è colei che ti risolve i problemi ma è la persona che ti aiuta a trovare i mezzi per farlo! Ti insegna ad affrontare le paure, ti suggerisce metodi per poter percorrere la vita in maniera più serena.”

 Abbandonati i pesi, S. ha ripreso a volare…

 

“Non credevo nell’esistenza del malessere psicologico, per me i depressi erano malati immaginari, finché dei sintomi fisici mi hanno reso la vita impossibile. Ho fatto mille esami, tutti negativi. Ero sano… ma stavo male…

Con la psicoterapia ho imparato che  “le ombre” sono le nostre proiezioni… che il buio esiste ma possiamo accendere la luce… Che si può cadere e rialzarsi… che quando si cade, si può chiedere aiuto e consolazione.

Ho capito che posso sentire le mie emozioni senza spaventarmi, accoglierle, occuparmene e poi lasciarle andare…

Ho imparato a prendermi cura di me ed a dire “no”.

Non male per un “malato immaginario”…

 Da quando F. si ascolta e si occupa di se stesso i suoi sintomi sono cessati.

 

Un giorno la paura bussò alla porta. Il coraggio andò ad aprire e non trovò nessuno.
(Martin Luther King Jr)

 

“Ricordo ancora il momento in cui ho deciso di intraprendere un percorso di psicoterapia. Ero chiusa in bagno, nascosta dietro la porta, in preda ad un attacco di panico. Mi sentivo come la ragazza in foto, strangolata dalla paura. E poi la voce di Alessandra… -cosa è successo alla tua vita?- Mi sono sentita presa per mano, non mi sono sentita mai completamente sola. Ho ripreso a respirare, ho imparato a guardare la vita con occhi nuovi…”

S. ha spezzato “l’incantesimo” della paura…

 

“La vostra visione apparirà più chiara soltanto quando guarderete nel vostro cuore.
Chi guarda l’esterno, sogna. Chi guarda all’interno si sveglia.”
Carl Gustav Jung

“ho deciso di farmi aiutare in un periodo in cui non sapevo più chi ero, mi sentivo come un puzzle che perde i pezzi, ogni tanto se ne stacca uno… non riuscivo più a distinguere ciò che volevo da ciò che gli altri si aspettavano da me.

Il percorso è stato difficile, ma ho imparato a scegliere per me stessa, ad ascoltare cosa voglio io, a volermi bene. Ho ripreso a studiare ed ho cercato un lavoro per essere indipendente. Ho ancora tanta strada da fare, ma oggi sono contenta di quella che sono.”

C. un giovane fiore che ha scelto di sbocciare.

 

 

 

 

 

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L’ipnosi Ericksoniana

“Scopo della sua ipnosi era quello di accedere al potenziale inconscio e alla capacità naturale di apprendere del cliente, depotenziando al contempo i suoi schemi limitanti.”
(Milton H. Erickson – Ernest L. Rossi, Ipnoterapia, Astrolabio, Roma 1982, p. 10)

L’ipnosi Eriksoniana e’ una metodologia terapeutica che ha lo scopo di aiutare il paziente ad accedere alle risorse positive già presenti in lui, nel suo inconscio, ma non accessibili consapevolmente.
Secondo Erickson: “L’inconscio è un deposito di ricordi e di capacità ai quali si può far ricorso anche dopo molti anni scoprendo delle cose che ci fanno meglio comprendere il motivo per cui ora siamo fatti in un certo modo o abbiamo determinate reazioni….”[Milton Erickson da “La mia voce ti accompagnerà”].
L’ipnosi è dunque quell’insieme di tecniche, procedure e fenomeni, che ci permettono di entrare in contatto con le nostre dimensioni più profonde e inconsapevoli. Attraverso queste tecniche si induce uno stato di coscienza denominato Trance. Il fenomeno della trance è uno stato psico-fisico naturale che si verifica spontaneamente in ognuno di noi e che comporta un restringimento del campo attentivo rivolto all’esterno e un ampliamento dell’attenzione verso l’interno. Alcuni autori contemporanei come C. Loriedo hanno proposto il concetto di “Delta Ipnotico” che definisce la trance come la differenza che c’è tra l’attenzione che il soggetto pone all’interno rispetto all’esterno. In altre parole questa è presente ogni volta che il soggetto presta maggiore attenzione ai propri processi interiori rispetto al mondo esterno.
L’ipnosi è un particolare stato di coscienza, che si realizza nella trance, nel quale il paziente accede a quelle risorse che nella situazione disfunzionale non riesce ad usare. Si tratta di competenze, immagini, esperienze immagazzinate e dissociate dalla normale consapevolezza.
Lo psicoterapeuta che pratica l’Ipnosi induce nel Paziente lo stato di trance, attraverso l’utilizzo di tecniche che facilitano l’orientamento verso la realtà interna. Le tecniche induttive hanno l’obiettivo di destrutturare le modalità di funzionamento consapevole del paziente permettendogli di creare nuovi schemi più funzionali alla realtà attuale.
In questo approccio terapeutico l’individuo è centrale, la terapia viene costruita sulle sue esigenze e peculiarità sottolineandone l’unicità e il valore. Ogni persona possiede dentro di sé le risorse necessarie e scopo della terapia è sostenere l’attivazione di queste per la risoluzione del disagio. Fondamentale nella terapia ipnotica è il rapporto che si instaura tra paziente e terapeuta, un rapporto di fiducia e sintonia che facilita l’emergere della trance e la riorganizzazione funzionale delle risorse del paziente.
L’Ipnosi Ericksoniana è dunque un modo per aiutare i pazienti a sviluppare le proprie risorse personali, che possono poi essere utilizzate efficacemente per raggiungere gli obiettivi terapeutici (M.D. Yapko).

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Il male oscuro. Cos’è la Depressione?

La Depressione rientra nei così detti “Disturbi dell’Umore”, essa comporta una irregolarità del tono dell’umore, che si protrae per almeno due settimane, a cui si associano rilevanti modificazioni fisiologiche, del pensiero e del comportamento, e una significativa compromissione del funzionamento generale.
La depressione è una malattia molto diffusa (prevalenza 15-20%), colpisce a tutti i livelli sociali ed a tutte le età, si manifesta in entrambi i sessi anche se il rapporto è di 2:1 per le donne.
Ha un alto rischio suicidario e può provocare un elevato livello di invalidità. Secondo i rapporti della WHO, World Bank e Commissione Europea, la Depressione, nel 2020, sarà la seconda causa di invalidità a livello mondiale.
Nei manuali diagnostici l’Episodio Depressivo maggiore è definito da:
Presenza contemporanea di 5 o più dei seguenti sintomi durante lo stesso periodo di due settimane e rappresentare un cambiamento rispetto alla funzionalità precedente; almeno uno dei sintomi deve essere l’umore depresso o la perdita di interesse o di piacere.
1) Umore depresso per la maggior parte del giorno, quasi ogni giorno, come indicato sia da un’osservazione soggettiva (sentirsi tristi o vuoti), sia osservato da altri (apparire piangente)
N.B.: In bambini o adolescenti può essere osservata irritabilità.
2) Marcata perdita di interesse o di piacere in tutte o quasi tutte le attività per la maggior parte del giorno, quasi ogni giorno (come indicato sia da un’osservazione soggettiva, sia osservato da altri).
3) Significativa perdita di peso (quando non a dieta) o aumento di peso (per esempio un cambiamento di più del 5% di peso corporeo in un mese), o diminuzione o aumento dell’appetito quasi ogni giorno
N.B.: In bambini considerare anche il mancato aumento ponderale atteso.
4) Insonnia o ipersonnia quasi ogni giorno.
5) Agitazione o rallentamento psicomotorio quasi ogni giorno (osservabile da altri, non sensazioni meramente soggettive di incapacità di rimanere fermo o di essere rallentati).
6) Perdita di energia o stanchezza quasi ogni giorno.
7) Sentimenti di mancanza di valore o di colpa eccessiva o inappropriata quasi ogni giorno.
8) Diminuita capacità di riflettere e concentrarsi, o indecisione, quasi ogni giorno (sia sensazioni soggettive, sia osservabili da altri).
9) Pensieri ricorrenti di morte (non solo paura di morire), ricorrenti ideazioni di suicidio senza un piano specifico o tentativi di suicidio o piani specifici di suicidio.
I sintomi causano un disagio clinicamente significativo o senso di inferiorità nella vita sociale, nel lavoro e in altre aree importanti.
-I sintomi non devono essere dovuti a effetti psicologici di una sostanza (ad esempio un medicamento, una droga) o a una condizione patologica generale (per esempio ipertiroidismo).
Attualmente le patologie psichiche vengono definite attraverso una visione bio-psico-sociale che le inserisce in una definizione dimensionale che colloca diversi livelli di gravità su un continum che va dal normale funzionamento alla patologia grave. In quest’ottica la depressione viene suddivisa in:
– Depressione lieve
• sono presenti solo pochi sintomi e la persona continua a “funzionare”, seppure con fatica, nella sua quotidianità.
– Depressione moderata
• i sintomi presenti sono numerosi e alcune/molte delle attività quotidiane vengono meno.
– Depressione grave
• presenza di tutta la sintomatologia e compromissione del normale funzionamento quotidiano.
Presenza di sintomi psicotici.
Appare evidente che la Depressione influisca sull’emotività (con sintomi quali: tristezza, disperazione, indifferenza, non provare sensazioni, vuoto interno, apatia indecisione, anedonia), sul pensiero e le capacità cognitive (con sintomi quali: riduzione della capacità attentiva e mnemonica, pessimismo, idea di morte, idee di rovina, di auto-svalutazione, di indegnità, senso di colpa), sui comportamenti (con sintomi quali: rallentamento, ipomimia, irrequietezza, inibizione), sulle funzioni fisiologiche (con sintomi quali: insonnia e ipersonnia, senso di tensione, diminuzione di forze, vertigini, ipotensione, dispnea, stipsi, colite, perdita di appetito, perdita di peso, senso di freddo, cardiopalmo, dolori diffusi, ecc.) impattando notevolmente sulla vita del malato.
La depressione determina rilevanti cambiamenti a più livelli della vita dell’individuo, in quanto l’alterazione del funzionamento quotidiano compromette la capacità di interagire e integrarsi socialmente e di portare avanti il proprio ruolo familiare e lavorativo in modo proficuo. Ciò determina conseguenze drammatiche sulla vita sociale, lavorativa e familiare.
In generale, l’individuo prova un’intensa sofferenza morale, perde gradualmente l’interesse per tutti gli aspetti della vita quotidiana, si sente impotente e incapace di ritrovare motivazioni valide alle normali attività e agli interessi che ha sempre avuto, perde l’interesse sessuale e il contatto affettivo con i famigliari e con gli amici, scivola verso un inesorabile isolamento che favorisce il senso di solitudine e inutilità che alimentano i pensieri suiciudari.
A livello famigliare i sintomi lo spingono verso un’apatia e un’alienazione che degradano il rapporto con il compagno/a, l’incapacità di occuparsi dei figli e delle attività domestiche produce un forte senso di colpa. Ciò comporta una disgegazione del nucleo familiare e talvolta la rottura del rapporto di coppia che influiscono sulla visione già pessimistica del depresso alimentando i pensieri auto ed etero lesivi.
A livello lavorativo le difficoltà cognitive determinano un abbassamento della qualità della performance con perdita di motivazione, di interesse e conseguente abbassamento del livello di autostima ed autoefficacia. I rapporti con i colleghi saranno degradati dalle difficoltà di comunicazione e di relazione. Il continuo tentativo di mostrarsi « normale » comporta un dispendio di energia che aumenta la sofferenza e la sensazione di non farcela. Tutto ciò porta spesso alla perdita del lavoro con conseguente aggravamento della visione pessimistica della vita, della sensazione di impotenza e inutilità.
Considerata la gravità che può raggiungere la sintomatologia depressiva è importante avere precocemente una diagnosi, non appena si avverte una stabile variazione del tono dell’umore, e occuparsi dei sintomi fisici e del vissuto psicologico legato alle circostanze in cui si sviluppano i sintomi.
Evidenze scientifiche supportano la combinazione di una terapia farmacologica e una psicoterapia per la cura della depressione. Nella fase acuta occorre stabilizzare i sintomi con un efficace terapia farmacologica che consenta al paziente un funzionamento adeguato, associando ad essa la Psicoterapia, ci si prende cura delle cause scatenanti psichiche e sociali che hanno attivato lo stato depressivo.
La psicoterapia si occupa delle modalità disfunzionali con il quale il depresso porta avanti il suo stato e lo sostiene nella mobilitazione delle proprie risorse verso la comprensione e la modificazione di tali modalità.

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Disturbi alimentari: la manifestazione di un disagio profondo

In Italia il 5% della popolazione, soffre di disturbi del comportamento alimentare (DCA): la maggior parte sono donne (95%), anche se negli ultimi anni sono aumentati gli uomini che ne manifestano i sintomi. L’insorgere di queste patologie avviene prevalentemente tra i 12 e i 25 anni, fascia d’età in cui, i DCA, sono la prima causa di morte.
Quando parliamo di disturbi alimentari facciamo riferimento a disordini fisici, emotivi, cognitivi e comportamentali, caratterizzati da un rapporto alterato con il cibo, il peso ed il proprio corpo.
Il cibo, il peso e il corpo assumono dei significati patologici, rappresentando il sintomo di profondi disagi psicologici e psichiatrici, una modalità utilizzata per far fronte a una realtà altrimenti insostenibile. I sintomi relativi a corpo, cibo e peso hanno per la persona una funzione auto curativa, sono da un lato la soluzione trovata alle problematiche intrapsichiche e relazionali, dall’altro un mezzo per esprimere il disagio.
Il corpo diviene il grido d’aiuto, lo strumento per mostrare un disagio e una sofferenza altrimenti inenarrabile.
Il cibo è oggetto di dipendenza, rifiutato e temuto nell’Anoressia, abusato e ambivalente (consolatorio ma fonte di forti sensi di colpa) nella Bulimia o nel Binge Eating Disorder.
Il Peso è la terza ossessione: l’autostima è fortemente dipendente dall’estremo controllo che si riesce ad esercitare sul peso e sulla forma fisica.
I disturbi alimentari vanno considerati come una modalità disfunzionale di far fronte a un malessere profondo, un’ espressione sintomatologica sociale del disagio. Tale manifestazione, che nasce da una storia personale, risente di fattori ambientali e sociali, per questo si ritiene che il contesto possa facilitare la diffusione di questi disturbi. Ciò è confermato dalla crescente presenza dei DCA nella società occidentale contemporanea, dove rappresentano la principale causa di morte tra i disturbi psichiatrici.
I modelli estetici e le politiche di mercato sottopongono i ragazzi a un bombardamento mediatico che facilita l’espressione di disagio attraverso lo sviluppo di DCA.
I fattori che concorrono nell’insorgenza di un DCA sono dunque sia di natura individuale, biologica e psicologica, che di natura familiare e socio-culturale.

“Il disturbo può essere letto come tentativo di cura di sé, per sviluppare attraverso la disciplina del corpo un senso di individualità e di efficacia interpersonale; difesa da un tumulo emozionale che potrebbe essere o apparire incontrollabile; gestire in questo modo l’esperienza di non accudimento, confusione dei ruoli familiari…. come tentativo di separazione, la realizzazione di una identità possibile minacciata da un altro che non lascia essere quel che si è; il dolore non potendo essere affrontato, espresso, vissuto, viene negato in una continua coazione dove il cibo sostituisce l’altro e il corpo satura lo spazio.”
(G. Lo Verso, 2008)

Quali sono i Sintomi?
CLASSIFICAZIONE E DIAGNOSI NEL DSM V/2013 DELL’APA (American Psychology Association)
Alle tre sindromi principali AN, BN e ED NOS nel 2013, vengono aggiunte altre 4 possibili diagnosi:

Anoressia nervosa (AN), caratterizzata da:
-Peso corporeo inferiore all’85% di quello appropriato per l’altezza e l’età (ovvero da un BMI inferiore a 18,5-17=lieve ; 16 = moderata ; 15= grave ; >15 =estrema.
-Difficoltà a mantenere un peso adeguato ed eccessiva preoccupazione di essere grassi o di ingrassare.
-Autostima dipendente dalla forma fisica e dal peso.
Bulimia nervosa (BN) caratterizzata da:
-Ricorrenti episodi di abbuffate (binge) e condotte di compensazione (es. vomito provocato).
-Abbuffate e condotte di compensazione devono verificarsi almeno 1 volta alla settimana per almeno 3 mesi.
-Rifiuto di mantenere un peso adeguato, eccessiva preoccupazione di essere grassi o di ingrassare, autostima dipendente dalla forma fisica e dal peso.
-Non sono soddisfatti i criteri per l’anoressia nervosa e per il binge eating disorder.
Binge eating disorder (BED) (era già compreso nella sezione “Disturbi Proposti per Studi ulteriori” del DSM-IV e viene introdotto nel DSM V). Caratterizzato da:
-Episodi ricorrenti di assunzione di cibo in quantità notevolmente maggiori rispetto a quanto le persone normali fanno nelle stesse circostanze, con sensazioni associate di mancanza di auto controllo.
-Mangiare troppo e in fretta pur non avendo fame.
-Il mancato auto controllo si associa a colpa, imbarazzo, disgusto e marcato disagio.
-Si verifica almeno 1 volta a settimana per almeno 3 mesi.
Anoressia, bulimia e BED hanno in comune fra loro un nucleo psicopatologico specifico caratterizzato da:
-sovrastima dell’importanza attribuita all’aspetto fisico e al peso.
-forte insoddisfazione per la propria forma fisica o il peso.
-autostima fortemente dipendente dalla forma fisica e dal peso o dal controllo che si riesce ad esercitare
su di essi.
Le altre caratteristiche dei disturbi dell’alimentazione (DA) sembrano dipendere da questo nucleo psicopatologico (Fairburn, Harrison, 2003).

Disturbi non altrimenti specificati (ED NOS)
La maggior parte dei disturbi non altrimenti specificati o atipici presenta alcune, ma non tutte le caratteristiche delle sindromi principali. Ma non per questo si tratta di disturbi meno gravi.
Gli OSFED (“Other Specified Feeding or Eating disorders” è la dicitura utilizzata nel DSM-V) comprendono AN atipica; BN episodica; BED episodica, Purging disorders; Night Eating Syndrome.
Pica: mangiare non cibi (terra, intonaci, etc.) persistentemente per almeno 1 mese (in modo
inappropriato per l’età o la cultura e in assenza di diagnosi di psicosi, autismo, etc.)
Rumination: (Disturbo ruminativo) rimangiare il proprio vomito ripetutamente per almeno 1 mese, in assenza di una condizione medica (reflusso) o altro ED o altra diagnosi.
Disorders, Avoidant/Restrictive Food Intake Disorder: (Disturbo dell’Alimentazione da Evitamento/Restrizione) i fabbisogni alimentari non sono rispettati a causa di mancanza di interesse o avversione per il cibo o l’alimentazione, che si differenzia dall’Anoressia per la mancanza di distorsioni dell’immagine corporea . Sono assenti altre diagnosi e si ha disponibilità di cibo.

Quali sono i segnali osservabili inizialmente nell’Anoressia?
• Inizio di una dieta (spesso condivisa dai genitori), e frequente attività fisica compulsiva per perdere peso.
• L’anoressica cerca di “allontanare” gli stimoli della fame ad es. attraverso il consumo di bevande calde .
• Mangia solo cibi ipocalorici.
• Mangia in piedi, taglia il cibo per renderlo minuto, mastica a lungo.
• Sensazione d’onnipotenza.
• Fobia del peso.
Con l’avanzare del disturbo…
• Aumenta il bisogno di movimento.
• Può aumentare la disponibilità nel preparare il cibo per gli altri.
• Quando la fame diventa intollerabile: abbuffate per poi indursi il vomito, usare lassativi e/o diuretici.
• Amenorrea.
• Perturbazioni nell’immagine di sé, vale a dire nell’autopercezione corporea, che risulta distorta e tipicamente “gonfiata”.
• Percezione alterata dello stimolo della fame.
Le conseguenze sul fisico e sull’umore:
-Irritabilità, cattiva memoria, svenimenti, paura di aumentare di peso, tristezza .
-alterazioni della pelle (secca e di colorito giallognolo) e unghie fragili.
-amenorrea e problemi di fertilità.
-i capelli sono sottili e tendono a cadere.
-i denti perdono smalto.
-problemi cardio/circolatori (pressione bassa, anemia, aritmie e palpitazioni…).
-perdita del tono muscolare, articolazioni gonfie, osteoporosi.
-problemi renali e gastrointestinali.

La bulimia: l’altra faccia dell’anoressia.
Ha il suo picco d’esordio tra i 18 e i 19 anni, periodo di cambiamenti in direzione di autonomia e indipendenza dalle famiglie d’origine.
La bulimia ha la forma delle patologie da dipendenza, in questo caso e l’oggetto della dipendenza è il cibo. La vergogna e il senso di colpa accompagnano le abbuffate, vissute come una totale perdita di controllo. Il desiderio delle bulimiche è quello del totale controllo, come nell’anoressia, ma non riuscendoci provano sensazioni di vuoto e disperazione, che vengono anestetizzate dall’ingestione di cibo. Ciò diviene un circolo vizioso fatto di vergogna e senso di colpa.
E’ considerata l’altra faccia dell’anoressia in quanto i bulimici attraversano fasi alternate anoressiche e bulimiche: l’estremo controllo dell’alimentazione, del peso e del corpo della condotta anoressica si sgretola portando verso la perdita del controllo della condotta bulimica.
Il bulimico ingerisce quantità di cibo enormi in brevi lassi di tempo, prova la sensazione di perdere il controllo e reagisce con forti sensi di colpa che lo spingono a condotte compensatorie come il provocarsi il vomito, l’utilizzo di lassativi e l’eccessivo sforzo fisico. L’abbuffata diviene un rituale, programmato nel dettaglio e spesso nelle ore notturne. Le conseguenze della ripetizione della sequenza abbuffata-eliminazione provoca effetti negativi sul corpo (dai problemi all’esofago e al cavo orale all’indebolimento di denti e capelli) pur non avendo effetti evidenti sul peso.

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